Non è questione di centimetri: dieci in più o in meno, magari anche quindici, non fanno la differenza.
No, nella vergognosa vicenda del muro che oscura la vista del lago dal “salotto buono” di Como il problema non sta in una spanna di cemento armato.
Il problema vero è tutto il muro, che va abbattuto. Cancellato. Annullato completamente.
Se qualcuno ancora non lo avesse capito, la città e la sua gente - quella stessa gente piuttosto svillaneggiata alle prime rimostranze - rivuole quel panorama d’incanto che la natura ci ha regalato. E non ci sta a farselo oscurare dal politico di turno o da un tecnico, chiunque essi siano.
Ribadito questo punto, sul quale non si transige, dalla vicenda emergono vari altri aspetti quanto meno singolari.
Uno su tutti, positivo, è che la città solitamente sonnacchiosa ha avuto un sussulto, ha reagito, ha dimostrato di avere polso. E di non avere certo intenzione di farsi intimidire da arroganza e prevaricazione. La gente di Como c’è, esiste, e sa farsi valere almeno una volta ogni tanto.
Se qualcosa di positivo quel muraglione in cemento armato ha generato, sono però ovviamente molto più numerosi gli aspetti negativi.
Lo scempio paesaggistico, si è detto, la bruttura dell’idea stessa di un muraglione sul lago, l’indifferenza verso la natura e il contesto in cui viviamo. Ma anche la mancata disponibilità e l’insofferenza emerse in una parte degli amministratori pubblici locali.
Anche se adesso si parla di dietro front - e comunque la città non abbasserà la guardia, questo deve essere chiaro, fino a demolizione compiuta - non possiamo dimenticare gli inviti decisamente poco cortesi dell’assessore Fulvio Caradonna a guardare i muri di casa propria, in risposta alle prime obiezioni.
Non li possiamo accantonare perché, anche se in Comune qualcuno forse se lo dimentica, quella a tutti gli effetti è casa nostra.
E, anche in caso di votazioni plebiscitarie, chi amministra la città non ne diventa il padrone.
Certo, sappiamo bene anche noi che la democrazia non può accontentare tutti, che le decisioni comunque spettano a pochi. Però educazione e rispetto per gli altri non devono venire a mancare.
Insomma, oltre alla cancellazione di quella colata di cemento in riva al lago, crediamo siano necessarie almeno un paio di altre cose.
Primo: arrivare a capire come, e per scellerata decisione di chi, siamo giunti a questo punto.
Secondo: partire da questa assurdità amministrativa e politica per far intendere a chi sta nelle “stanze dei bottoni” che il reato di lesa maestà non esiste più ormai da secoli, e che quando la città chiede, loro devono sentirsi in obbligo - non solo per educazione, ma per dovere, lo sottolineiamo - di rispondere.
Chi non avesse questa idea di amministrazione pubblica, a nostro avviso farebbe bene ad andarsene, a lasciare il posto ad altri. A cominciare da quanti hanno sbagliato fino a oggi con quel muro.
L’impatto visivo del muro dal fronte lago. Nell’immagine si coglie il notevole dislivello tra lo specchio d’acqua, in un periodo che non è di secca, e l’altezza del manufatto che nasconde il Lario